C’è una magica sensazione che riconosciamo quando meditiamo da un po’, è quella che arriva quando prendiamo la nostra postura e ci sentiamo nel posto giusto, a casa nel nostro corpo, in un luogo familiare che riconosciamo con facilità. Sedersi e prendere posto diventa un tornare a casa. Tornare a casa prima di tutto nel nostro corpo, con il nostro corpo. Ci vuole un po’ di perseveranza, soprattutto pazienza e fiducia per riconoscere questo momento.
Quando si inizia a meditare, c’è sempre una certa urgenza di quietare la mente, gestire l’ansia, gli attacchi di panico, l’insonnia. Vogliamo guarire da una perdita, da una relazione tossica, da un amore finito e molto altro. Allora la priorità sembra controllare la mente, fermare i pensieri. Non ho mai incontrato nessuno che arriva alla pratica con l’intenzione di incontrare se stesso nel proprio corpo. Ancora oggi molti praticanti considerano il corpo come quella cosa che trasciniamo sul cuscino da meditazione e che dopo un po’ comincia a fare male.
Come praticare
Portare cura alla postura è già il primo passo per la nostra pratica. È importante infatti percepire che stiamo entrando in una postura meditativa. Notiamo come il corpo può essere sveglio e anche calmo, in allerta e anche rilassato. Ci sono molti modi di praticare la consapevolezza del corpo. Il mondo della mindfulness contemporanea conosce quello che è noto come il bodyscan. Le istruzioni ci invitano a dirigere intenzionalmente l’attenzione al corpo nelle sue varie parti. Esploriamo una dimensione esterna e interna del corpo. Non cerchiamo uno stato particolare, semplicemente notiamo quello che c’è. Già questa istruzione è quasi disorientante e per molti priva di senso: ci deve pur essere qualcosa da sentire, da provare, da trasformare? Si può lavorare con la consapevolezza del corpo, risvegliando i quattro elementi: fuoco, aria, acqua, terra. Altre pratiche di consapevolezza del corpo, sono dedicate a risvegliare in noi il senso di vulnerabilità e impermanenza.
In tutti i casi, questa pratica ci insegna la nostra capacità a indirizzare e ri-orientare la nostra attenzione; a risvegliare i sensi anche verso ciò che non sentivamo più, a meravigliarci ed essere grati per questo miracolo che chiamiamo vita, a sviluppare un non-attaccamento verso il corpo e riconoscerne la sua impermanenza, e proprio per questo, la sua preziosità.
Scopriamo nel corpo anche le nostre potenzialità; non occorre che il corpo sia in splendida forma, possiamo infatti sentirci a casa anche se qualcuna delle nostre stanze è in disordine. Quando pratichiamo la consapevolezza del corpo, e in generale la meditazione di consapevolezza, non stiamo cercando di generare alcuna esperienza particolare. Piuttosto stiamo imparando a incontrare quello che c’è inclusa la noia, l’avversione, il dubbio: Semplicemente il momento così com’è e magari provando a imparare qualcosa da questo.
Prendersi cura nel corpo
Quando iniziamo a fare amicizia con il nostro corpo, lo scopriamo come una vera mappa che ha tenuto traccia di tutte quelle tensioni e sofferenze che tanto vorremmo affrontare. Soprattutto scopriamo come nel modo in cui ci prendiamo cura, nel modo in cui ignoriamo, accettiamo, accomodiamo, combattiamo quello che arriva non riguarda solo il nostro corpo. Che sia irrequietezza, torpore, avversione, il corpo segna la strada per il resto della pratica.
Praticare la consapevolezza del corpo, è particolarmente utile quando ci troviamo ad affrontare una preoccupazione, un dolore, una sofferenza che genera tanta proliferazione mentale. Il corpo infatti è sempre nel momento presente. La mente invece spesso viene spostata in mondi immaginari nel futuro o nel passato. La mente trova pace nel corpo qui e ora. Che il dolore sia fisico o emotivo, desideriamo una liberazione. Nel tentativo di allontanarcene, limitiamo la nostra capacità di sentirlo. Pensando che ciò ci proteggerà non ci accorgiamo che inibisce la nostra capacità di sentire. Accogliamo quello che c’è. Gentilezza e curiosità: queste sono le chiavi dell’appartenenza.
Riconoscere la ricchezza del nostro corpo
In molti raccontano di faticare a riconoscere sensazioni piacevoli nel corpo. Viviamo in una cultura che glorifica il piacere senza nemmeno insegnarci a provarlo. Un piacere per essere visto deve essere urlato, estremo; e così perdiamo l’abitudine a notare il sottile e avvolgente piacere che arriva quando le nostre mani sono sovrapposte in grembo e percepiamo un senso di calorosa accoglienza. O quando i nostri occhi chiudendosi lasciano andare le preoccupazione della giornata, quando la carezza di una coperta ci permette di sentire le spalle coperte, quando il contatto con la terra ci rammenta che sì, siamo sostenuti, qualcosa ci sorregge. Il respiro è una delle scoperte piacevoli più importanti che facciamo nel corpo.
Lentamente iniziamo a riconoscere ed essere grati per questo corpo che giorno dopo giorno ci accoglie e forse restiamo sorpresi di quanta consapevolezza e gentilezza possano essere comprese attraverso il corpo.
Siamo così impegnati a definirci attraverso i nostri pensieri, le conoscenze che acquisiamo e gli argomenti che offriamo. Ci dimentichiamo a volte, che tutto quello che chiamiamo “vita” dal momento in cui nasciamo a quello in cui moriamo, è racchiuso in questo nostro corpo. Il modo in cui incontriamo il mondo che ci circonda avviene attraverso le sei porte sensoriali di questo corpo. Tutto quello che conosciamo, lo incontriamo attraverso il corpo. Praticare con il corpo, significa praticare con la vita.