Senza un impegno alla verità, non esiste alcuna pratica di consapevolezza. Proprio così, la pratica della mindfulness è prima di tutto un impegno a incontrare ciò che è vero. Dunque, mentre prendiamo posto giorno dopo giorno, l’intenzione di vivere una vita autentica è il cuore stesso della pratica. La maturità spirituale di ognuno di noi si misura anche dalla capacità e dalla volontà di non volere mentire a se stessi prima di tutto.
Quale verità?
Non mi riferisco a una verità dogmatica o assoluta. La verità è quella di questo momento e cioè la disponibilità a essere aperti a quello che succede, a quello che proviamo, a chi scopriamo di essere o di essere diventati. Possiamo parlare di sincerità, di autenticità verso noi stessi e verso gli altri. Chiunque si trovi in un percorso di consapevolezza sta attraversando un percorso di verità. Succede che nel corso della meditazione, impariamo a dare un nome a quello che succede e ad osservare come stiamo mentre in contatto con questa verità. Dunque la verità è una questione poco teorica e molto pratica. Scegliamo di dare il nome a quello che c’è rinunciando a tutte le narrazioni aggiuntive, ai commenti, al giudizio, alle fantasie.
In pratica
La mindfulness è talvolta definita come la pratica dell’essere onesti su ciò che accade nel momento presente. È proprio il cuore di questa pratica di consapevolezza che è chiamata vipassana dove, -pasana vuol dire vedere e vi- è un rafforzativo. Quindi spesso viene raccontata come vedere in profondità, visione profonda, chiara visione. In America questa tradizione è tradotta come pratica di Insight e cioè intuizione. Respiro dopo respiro intuiamo la verità che si nasconde dietro la polvere negli occhi. Respiro dopo respiro ci troviamo sulla sommità di una montagna e finalmente vediamo l’intero paesaggio con maggiore chiarezza e accuratezza. La verità di cui abbiamo un’intuizione dunque, non è qualcosa che analizziamo o svisceriamo cognitivamente. Piuttosto è una verità a cui ci arrendiamo, qualcosa che si apre davanti a noi e che non possiamo più ignorare.
Verità dolorose
Piano piano impariamo a dare autorità non più a certe narrazioni o definizioni di noi stessi, come siamo, cosa ci piace, non piace, quanto a ciò che è troppo vero per potere essere ignorato. Riflettevo come spesso parlando della verità parliamo di cruda verità, o di nuda verità. Questo perchè a volte quello che vediamo non ci piace, non è la nostra preferenza, non racconta la direzione che avremmo voluto dare alla nostra vita; addirittura non racconta i valori su cui poggia la nostra vita. E allora la verità può essere molto dolorosa e in questo senso altri strumenti della pratica ci supportano, come la gentilezza, la compassione per noi stessi, la pazienza, la fiducia. E poi il coraggio che in qualche modo nasce spontaneamente dalla combinazione di tutti questi quando siamo pronti per vivere la nostra verità o condividerla con altre persone. Ecco che possono esserci di aiuto le parole di Pema Chödrön quando dice: “Sviluppare un’amicizia incondizionata significa compiere il passo, molto spaventoso, di conoscere se stessi. Significa essere disposti a guardarsi con chiarezza e a rimanere con se stessi quando si desidera chiudersi. Significa mantenere il cuore aperto, quando si sente che ciò che si vede in sé è semplicemente troppo imbarazzante, troppo doloroso, troppo spiacevole, troppo odioso. Quindi, il segno distintivo di questo allenamento alla compassione è coltivare il coraggio. Il primo passo è guardarsi con un sentimento di dolcezza e gentilezza, e ci vuole molto coraggio per farlo. Se ci hai provato, sai quanto può essere difficile rimanere presenti quando si inizia ad avere paura di ciò che si vede. Se rimani presente a ciò che vedi, quando ti guardi ripetutamente, inizi a sviluppare un’amicizia più profonda con te stesso perché non tralasci le parti con cui è doloroso stare”.
Allenarsi all’autenticità
Ecco che nella nostra pratica, e in generale nei momenti in cui impariamo a stare con noi stessi, possiamo provare a domandarci: cosa è vero per me in questo momento? A volte non occorre rispondere o trovare una risposta ma imparare a stare con la domanda con pazienza, gentilezza e coraggio. In questo senso rammentiamoci come coltivare una vita autentica è prima di tutto una pratica, un allenamento fatto di sguardi quotidiani.