La generosità è una qualità silenziosa e potente. Non richiede gesti eclatanti né risorse straordinarie, ma una presenza viva e disponibile. È uno dei modi più concreti che abbiamo per incarnare ciò che coltiviamo nella pratica meditativa.
La generosità è l’anticamera di qualsiasi pratica meditativa. Nella tradizione buddhista veniva insegnata prima della meditazione seduta. L’acquisizione di generosità attraverso la riflessione e la contemplazione era considerato un fondamento necessario.
Generosità come virtù
La virtù della generosità è molto accessibile. È una modalità dell’essere umano. Si tratta infatti di qualcosa che comprendiamo in modo istintivo fin da bambini e crea una immediata gioia che dura nel tempo. Se portiamo alla memoria un gesto di generosità probabilmente sentiamo ancora gioia. Che si tratti di generosità ricevuta o offerta, il senso di espansione e apertura è immediato. Proviamo felicità anche nell’ascoltare storie di generosità che riguardano altri. Al contrario, le storie di attaccamento e avidità portano un’esperienza di contrazione e dolore. La generosità diventa una vera e propria possibilità, una risposta a ciò che è chiuso e contratto. Chi non ricorda la trasformazione che avviene in Scrooge nel celebre Canto di Natale di Dickens? Una lenta trasformazione nel cuore e nel volto di un uomo solo e avvizzito dalla sua avidità, che finisce per scoprire nella generosità un nuovo modo per incontrare il mondo e sbocciare. La generosità ci permette di spostarci da una dimensione ego-riferita, ampliare lo sguardo e prendere in considerazione il benessere degli altri. Con la generosità non è importante ciò che si dona, quanto piuttosto l’atto del donare in sé. “L’attenzione è la forma più rara di generosità” diceva Simone Weil, e oltre a rammentarci il potere speciale dell’attenzione, ci ricorda come la generosità non richieda poteri speciali, né di possedere chissà quali ricchezze. Piuttosto, si riferisce alla nostra innata capacità di offrire e offrirci agli altri. Piuttosto che donare cose materiali, la generosità dà il suo meglio quando quello che viene offerto è attenzione, cura, gentilezza, ascolto. Questa forma di generosità apre il cuore e ha un effetto sull’altra persona. Soprattutto sposta lo sguardo verso un mondo condiviso.
Generosità come pratica
- La generosità ci insegna infinite lezioni della nostra pratica meditativa. Prima fra tutte quella del lasciare andare.Lasciamo andare l’attaccamento a cose e situazioni che ritenevamo importanti, lasciamo andare l’idea che il nostro tempo sia più importante di quello degli altri, lasciamo andare i pensieri che continuano ad assillarci nel corso di una pratica, lasciamo andare la visione di noi che riteniamo così definita. Tutto questo è generosità.
- La generosità ci ricorda la nostra interdipendenza. Se pensiamo alla nostra giornata, possiamo notare le innumerevoli azioni che sono possibili grazie alla generosità di altre persone. Non possiamo sopravvivere come specie senza gli altri. Coltivare generosità può davvero essere un antidoto all’isolamento emotivo.
- Come meditazione, coltivare la generosità significa offrire intenzioni di benevolenza alle persone della nostra vita e anche a perfetti sconosciuti. In questo senso ancora una volta vediamo come la nostra vita fa parte di un sistema più ampio.attraverso la pratica della metta o della benevolenza facciamo esperienza di sensazioni salutari e nutrienti che ci permettono di rafforzare la dimensione relazionale, attraversare i momenti di maggiore fragilità e solitudine.
Cosa ostacola la generosità?
La generosità è sempre gratuita e mai un dovere. Quando manca la spontaneità ci troviamo davanti all’obbligo, all’attaccamento, alla riluttanza. Anche donare con l’aspettativa di ricevere un riconoscimento può allontanarci dal significato del donare. Al contrario, la generosità è un atto di apertura, abbandono e fiducia che porta una profonda trasformazione interiore dal momento che ci permette di riconoscere i nostri attaccamenti, ci mostra resistenze, atteggiamenti difensivi, paure. La pratica della generosità (così come la pratica della meditazione) ci sposta in uno spazio a volte scomodo. Dunque la generosità può a tutti gli effetti essere considerato un esercizio spirituale, soprattutto quando doniamo a prescindere dal sentirci o meno generosi. Come diceva il maestro tibetano Gelek Rinpoche: “Quando pratichi la generosità, dovresti sentire un pizzicotto quando dai via qualcosa. Quel pizzicotto è il tuo attaccamento che protesta. Se dai via il tuo vecchio cappotto logoro che non avresti più indossato, non è generosità perché manca quel pizzicotto. Non stai facendo nulla per superare il tuo attaccamento; stai solo pulendo il tuo armadio e lo chiami in altro modo. Dare via il tuo cappotto potrebbe tenere qualcuno al caldo, ma non affronta il problema che affrontiamo come praticanti spirituali: liberarci dall’auto-referenzialità e dall’attaccamento a noi stessi.”
Allenarci alla generosità
Praticare la generosità ci permette di fare esperienza del lasciare andare, della nostra interdipendenza, della nostra trasformazione. Soprattutto, la generosità ci permette di tradurre in azione quell’attenzione che tanto coltiviamo sul nostro cuscino di meditazione. Improvvisamente scopriamo che la nostra consapevolezza non è un’astrazione. Il nostro sguardo si fa più ampio: la meditazione ci aiuta ad alzare la testa e ad accorgerci del posto che occupiamo e di quello che possiamo fare. Forse possiamo donare attenzione quando vorremmo girarci dall’altra parte, regalare qualcosa da cui non vorremmo separarci, offrire del tempo che pensavamo di dedicare ad altro, non avere l’ultima parola in una discussione in cui ci sembra di avere proprio ragione.
La generosità è una pratica: esercitandola miglioriamo nel tempo. Le azioni generose hanno un impatto su chi le riceve e trasformano la nostra vita. In questo senso la generosità può essere rivoluzionaria. Chiudo con una poesia di James Crews che racconta come la generosità possa essere allenata semplicemente nel nostro quartiere, tra i vicini di casa che incrociamo giorno dopo giorno.
Da dove vengo io, la gente continua a salutarsi
gli uni gli altri, e se qualcuno non lo fa,
si potrebbe dire che lo sta facendo
per salvarsi la vita –
ma provaci lo stesso, falle un sorriso.
Questo è solo uno dei tanti modi
con cui ci prendiamo cura l’uno dell’altro, diciamo: ti vedo,
Ti sento, so che sei reale. Saluto
Rick che raccoglie rifiuti mentre porta a passeggio
i suoi Labrador neri, Olive e Basil …
trasporta scatole di ciambelle, pacchetti di sigarette
e innumerevoli lattine di birra fuori dal cespuglio
accanto alla strada. E dico ciao
a Christy, che lascia i croissant alle mandorle
nella nostra cassetta delle lettere e appoggia barattoli di succo di
sidro pressato sulla nostra veranda laterale.
Mi fermo per controllare mia suocera –
che è più come una seconda madre, che ci compra il
dentifricio quando è in svendita e chiama
se un’auto sconosciuta è parcheggiata a casa nostra.
Dobbiamo tornare a questo
stile di vita, questo dare senza aspettative,
questo amare senza condizioni. Abbiamo bisogno
per guardarci di nuovo negli occhi e continuare a chiedere …
non importa quanto sei impegnato – come stai
come sta tua moglie, come sta il tuo ginocchio? –
facendo questo parlare che insistiamo a chiamare piccolo,
sebbene la gentilezza sia ciò che ci mantiene in vita.







