Il nostro rapporto con la mente è strano per non dire ambivalente. Se da un lato la consideriamo l’autorità massima della nostra persona, in grado di formulare ragionamenti, definire chi siamo e farci strada nel mondo, dall’altro lato ci sentiamo ostaggio di quello che la mente sembra produrre. La maggior parte delle persone che si avvicina ai percorsi di mindfulness infatti, desidera svuotare la mente, fermare i pensieri. Come se la mente fosse diventata una tiranna, una dittatrice, un ospite indesiderato da contenere, un figlio rumoroso da tenere a bada.
Potrebbe essere una delusione scoprire che piuttosto che fermare la mente, con la pratica di consapevolezza veniamo invitati a conoscere la mente; non pratichiamo per impedire il pensiero, piuttosto per riconoscerlo. Non pratichiamo tanto per riconoscere l’oggetto dei nostri pensieri quanto il meccanismo.
La mente mente
Quando facciamo questo, iniziamo a scroprire tantissime modalità e schemi da tempo radicati. Modalità difensive (anche se nessuno ci sta veramente attaccando), oppure rimuginii incessanti di storie che si sono già concluse, pianificazioni future, fantasie e tanto altro. Scopriamo anche che tante volte, i pensieri che arrivano non sono veri. La mente mente in numerose modalità. Me lo raccontava una bambina che ho seguito queste settimane: le ho domandato quale fosse la più grande bugia che la sua mente le raccontava. “La mia mente dice che non sono brava, ma io so che sono brava”. Probabilmente ognuno di noi è consapevole della stessa bugia nella propria mente ma lo dimentichiamo, e la crediamo vera. Un’altra distorsione è quella per cui una mente caotica pensa che tutto sia caotico. Ma la realtà non è caotica. La nostra mente lo è, quindi percepisce il mondo esterno in questo modo. Ecco che la pratica ci allena a riconoscere questi pensieri e a non prenderli troppo sul serio.
Fare amicizia
Portare attenzione a tutto questo, non basta. È utile ricordarci che la mindfulness porta con sè un aspetto fondamentale che è quello di vedere con una qualità benevola. La gentilezza racconta infatti la modalità con cui prestiamo attenzione, questo non vuol dire che improvvisamente ci piaceranno e ameremo i nostri pensieri, ma che li riconosceremo come una parte di noi, una parte che ha bisogno di attenzione. Quando ci arrendiamo alla natura della mente e la riconosciamo non come un nemico da sconfiggere ma come un alleato da accogliere, ecco che la trasformazione inizia. Non ne saremo più ostaggio.
Riconoscere piccoli momenti di libertà
Mentre ci accorgiamo che non è vero che la realtà è caotica, scopriamo anche che ci sono tanti pensieri che parlano di gratitudine, di gentilezza, di benevolenza. Riconosciamo momenti di pace nella nostra mente, nel mondo intorno a noi. Ci adoperiamo allora affinché ciò che è buono resti buono, ciò che non è caotico venga apprezzato. Possiamo riconoscere momenti in cui la nostra mente è libera dalla tendenza a etichettare automaticamente l’esperienza come gradita o non gradita, bella o brutto. Già questo rafforzerà la fiducia e la stabilità della mente e la saggezza.
Come la pratica può esserci utile?
La pratica del respiro o di consapevolezza del corpo, ci aiuta a stabilizzare la nostra attenzione. Ma la pratica non finisce qui. Dopo avere pacificato la mente, abbiamo creato lo spazio necessario per riconoscere cosa interrompe questa quiete; quali sono i meccanismi che ci attivano, quali stati d’animo prevalgono. Ecco che inizia l’investigazione. Non si tratta di un’analisi formale, di una riflessione piena di parole o ragionamenti. Piuttosto si tratta di intuizioni profonde.
Chiudo rammentando la storia dell’uomo che correva perchè impaurito dalla propria ombra e dalle proprie impronte. Chiaramente più correva più numerose erano le impronte che creava, e così anche la sua ombra che non l’abbandonava mai. Quello che non comprendeva era che solo fermandosi e restando nell’oscurità la sua ombra sarebbe scomparsa e così anche le impronte. Ecco che la pratica ci allena a stare in quell’oscurità senza avere paura, e a rallentare in modo da riconoscere quelle impronte come le nostre.
Buona pratica.