Le nostre anime di notte è un bellissimo libro dello scrittore americano Kent Haruf. Mi piace molto il titolo, sembra un haiku, il verso di una poesia che racconta il senso di insicurezza dei due protagonisti che, ormai avanti negli anni, riconoscono nella notte il momento in cui si sentono maggiormente fragili e esposti. Il momento in cui si trovano faccia a faccia con le proprie paure e solitudini. Parla così la protagonista femminile.”Sto parlando di attraversare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici. Starsene a letto insieme, e tu ti fermi a dormire. Le notti sono la cosa peggiore non trovi?”.
Perché è così: la vita inevitabilmente include delle paure e l’essere umano è inevitabilmente vulnerabile.
Non ci sono scappatoie. Anche se siamo circondati da storie di supereroi, forse possiamo ricordarci che anche superman davanti la kryptonite perdeva i super poteri e quando non indossava il suo costume, era un giovane cronista impacciato.
La vita non è così facile, perfetta e invincibile come forse ci eravamo immaginati. Per dirla con le parole di Pema Chodron:
“Si mette un sacco di enfasi sul successo. Che ci beviamo o meno tale propaganda, tutti vogliamo avere successo, soprattutto se lo considerate come ciò per cui ‘le cose vanno proprio per il modo in cui voglio’. Sapete di stare bene perché le cose hanno funzionato. Quindi per quella definizione, fallire, significa che non è andata nel modo desiderato”.
Troppo speso la parola vulnerabilità è associata a quella di debolezza e invece racchiude l’essenza dell’essere umano.
Trungpa Riponche diceva che l’unica vera eleganza è nella vulnerabilità, proprio perché racchiude l’unicità della persona.
Quali sono le emozioni che associamo alla parola vulnerabilità? Disperazione, perdita, paura, vergogna; ma anche tenerezza, coraggio, apertura, autenticità. Non sono tutte sfaccettature della vita stessa?
Eppure immaginiamo una vita perfetta e controllata e siamo così convinti di avere tutto sotto controllo, che quando ci accorgiamo che niente è sotto controllo, semplicemente crolliamo. Su questo, ecco cosa si dice Pema Chodron: “Finché siamo intrappolati nel cercare sempre la certezza e la felicità, piuttosto che onorare il gusto, l’odore e la qualità di esattamente ciò che sta accadendo, finché continueremo a scappare dal disagio, saremo catturati in un ciclo di infelicità e scontentezza e ci sentiremo più deboli e più deboli”.
Il tema della vulnerabilità emerge spontaneamente nella pratica della mindfulness. Ce ne accorgiamo subito quando iniziamo a portare l’attenzione al respiro; quando iniziamo a riconoscere la preziosità e la fragilità di quel semplice atto del respirare che non è affatto scontato ma un vero miracolo che avviene a prescindere dal nostro controllo.
La pratica ci invita a diventare intimi con noi stessi, senza scegliere e senza escludere nessuna parte. Col tempo iniziamo a riconoscere le storie che la nostra mente si racconta incluse quelle sulla nostra vulnerabilità.
Al Rubin Museum di New York ho visitato il “Monumento per gli ansiosi e gli speranzosi”. Ognuno può partecipare condividendo le proprie ansie (e le proprie speranze) appendendo un messaggio a una parete. Ho letto tante testimonianze delle inevitabili fragilità a cui la vita ci sottopone. Leggendole ho pensato quanta onestà e quanto coraggio nel riconoscere e dare un nome a quello che più ci fa paura. Quanto è difficile incontrare la nostra vulnerabilità quando ci troviamo davanti a circostanze dolorose? In quei momenti essere vulnerabili non sembra una buona idea.
Mi viene in mente un grande maestro Frank Ostaseski che parla del coraggio della vulnerabilità, la possibilità di riconoscere che siamo indifesi in questa vita, che è così, non abbiamo il controllo su tutto. Questa semplice ma risolutiva consapevolezza, ci rende in qualche modo invulnerabili e apre le porte per nuove sfide. Ecco cosa dice Frank: “Riconosciamo l’illusione del controllo, la verità che la sofferenza è inevitabile e siamo invitati a liberarci delle nostre certezze, lasciandoci andare all’inspiegabile e all’imprevedibile. Il coraggio della vulnerabilità apre la porta all’invulnerabilità della nostra natura essenziale. Questa invulnerabilità non è stoicismo né immunità agli alti e bassi della vita. (…)L’invulnerabilità è pura apertura, una spaziosità indifesa in cui possiamo fare un passo indietro per permettere ai venti della paura di soffiare in noi.“