Ci sono moltissime ragioni per iniziare a meditare: lo stress, il lavoro, un evento doloroso che ci colpisce. In cima alla lista c’è spesso una certa nostalgia da se stessi; molti iniziano a meditare per conoscere o ricontattare la parte più autentica di sè che è stata dimenticata o trascurata.
Una delle similitudini più spesso usate nella meditazione è quella del pulire uno specchio ancora e ancora fino a rivedere la propria immagine nascosta sotto stratificazioni di vecchia data. Un’altra è quella di accordare uno strumento fino a risentire la musica, la propria sintonia troppo a lungo dimenticata. In effetti la pratica di consapevolezza, non crea nulla di nuovo. In definitiva mindfulness è la traduzione inglese di una parola in lingua pali che è SATI il cui significato è ricordare. La consapevolezza non è qualcosa che impariamo; piuttosto è qualcosa di innato che ricordiamo e coltiviamo un respiro alla volta.
Questa nostalgia verso la parte più vera di noi è un prerequisito nello scegliere di prendere posto nella propria vita e non il risultato finale. Il traguardo infatti è già raggiunto e allo stesso tempo non si raggiunge mai. Si sposterà sempre un po’ più in là. Non possiamo iniziare questo percorso senza un sincero impegno alla verità e un impegno a smettere di fuggire la parte che più di tutte vorremmo nascondere.
In Tailandia è custodita la più grande e preziosa statua del Buddha in oro conosciuta come Phra Phuttha Maha Suwan Patimakon e risalente a un periodo tra il 1200 e il 1400. Nei secoli la statua è stata spostata più volte e rivestita di stucco e vernice. In questo modo si è salvata da saccheggi e guerre. Solo nel 1955 all’ennesimo spostamento, la statua è caduta svelando sotto le crepe un luccichio che ha poi rivelato la statua d’oro più grande nel mondo.
Anche noi a volte per proteggerci ci siamo ricoperti di stucco e dimenticato la nostra vera natura. Nessuna accusa a questa pratica che proprio come la statua ci ha permesso di sopravvivere a guerre e turbolenze. In molti casi si è trattato di una modalità per sopravvivere. Negli anni abbiamo iniziato a raccontarci delle storie su chi siamo, a definirci attraverso ruoli, e eventi della vita che ci hanno colpito e scolpito fino a diventate una vera e propria copertura, qualcosa con cui ci identifichiamo, ci giudichiamo. Il nostro sguardo del mondo e degli altri viene filtrato da questa copertura.
A un certo punto però, il ricordo e la nostalgia per quell’oro che si nasconde sotto lo stucco diventa troppo forte e la pratica diventa un allenamento per dissolvere quegli strati superflui e arrivare alla luce di chi siamo davvero.
La nostalgia per noi stessi, la sincera curiosità di ritrovarci è il primo passo.
Avere il coraggio di vedere con autenticità è il passaggio successivo.
Infine, riuscire a creare un’armonia tra il nostro sentire e le nostre parole, azioni e scelte di vita, diventa la pratica di tutta una vita. Sapendo che il premio è un senso di libertà e pace non viene voglia di iniziare subito?